Intervista a Marco Baraldi – Fotografo professionista

Un bravissimo fotografo bolognese che ha avuto il coraggio di mettersi in gioco contro ogni sfida per inseguire la sua passione. Ecco a voi Marco Baraldi…

principale marco baraldi

– Benvenuto su Fotografia & Bellezza! Chi è Marco Baraldi? Ci parli un pò di lei….

” Grazie! Marco Baraldi è una persona che si sente realizzata lavorativamente parlando, in quanto è riuscito a fare della sua passione, la fotografia, un lavoro. Il sogno di molte persone è diventata per me realtà semplicemente perché ho avuto il coraggio di abbandonare un impiego fisso e di un certo prestigio per dedicarmi in maniera continuativa alla mia passione principale. E’ stata una mossa azzardata, lo hanno pensato tutti, me lo hanno detto in pochi, ma nella vita a volte bisogna avere il forza di compiere scelte radicali per poter assaporare il piacere e l’avventura di tracciare un nuovo sentiero, abbandonando la routine della strada percorsa da tutti”.

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– E’ un fotografo autodidatta oppure ha frequentato una scuola/corso?

“Ho preso in mano la mia prima fotocamera compatta all’età di 7 anni. A 16 anni possedevo già una reflex. Il primo corso di fotografia l’ho frequentato in concomitanza con l’inizio degli studi universitari. Poco meno di un centinaio di ore di insegnamento presso professionisti di Bologna. Tutto il resto è pratica ed osservazione dei miei lavori e di altri fotografi”.

– Come descriverebbe il suo personale stile di fare fotografia e quindi arte?

“Sicuramente prediligo l’originalità delle immagini, avere l’idea che non ha mai avuto nessuno e metterla in pratica dal punto di vista fotografico è certamente motivo di grande soddisfazione per me, a maggior ragione se il risultato è stato ottenuto in un contesto assolutamente ordinario. L’idea di poter “smontare” la convenzionalità delle cose che ci hanno sempre circondato potendole reinterpretare in una prospettiva inedita è la migliore ginnastica per la mia mente. Fin tanto che avrò questo stimolo a reinterpretare, potrò sentire viva la mia passione per la fotografia”.

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– Cosa le piace rappresentare e trasmettere tramite i suoi scatti?

“Quando mi cimento nelle foto di ritratto ad esempio, cerco di far emergere il lato provocatorio di una persona. Più una immagine “graffia” e più mi convinco di aver fatto centro. Le mie immagini devono interferire con lo sguardo del lettore e bloccare il suo istinto a passare alla foto successiva. Più una immagine “trattiene” il lettore e più questa sta comunicando con lui, sta generando una emozione (positiva, e perché no, anche negativa) nel suo intimo che ne paralizza l’istinto a guardare la successiva”.

– Quale accessorio fotografico non lascerebbe mai a casa prima di realizzare un set all’esterno?

“Non c’è una risposta univoca, dipende da che cosa devo scattare. Se sto facendo del ritratto, potrebbe sembrare strano, ma porto spesso con me il mio mini lettore musicale. Il rapporto che si instaura con la modella è l’impalcatura su cui regge tutto il servizio fotografico: poter riempire gli inevitabili attimi di silenzio che si generano durante uno shooting con un buon sottofondo musicale rende l’ambiente assolutamente leggero e scioglie quella patina di formalità che normalmente contraddistingue l’inizio di un set”.

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– Quanto è importante photoshop e la post produzione nella realizzazione finale di uno scatto?

“Nei primi tempi, amavo lasciare quasi inalterate le mie immagini. Probabilmente l’impostazione mentale della pellicola non aveva ancora abbandonato il mio modo di lavorare o forse ancora l’idea di vedere una immagini visibilmente artefatta gettava fosche ombre sul mondo della post produzione. Col passare degli anni si è fatta sempre più strada in me la regola secondo cui la giusta post-produzione è quella che c’è, ma non si vede. Potrebbe sembrare una ovvietà, ma alla fine non è una regola così scontata. Le immagini sono da me migliorate in modo “silenzioso”. Per impostazione lavorativa mi impongo di dover scattare come se non potessi disporre di Photoshop: tutto ciò che sta dentro l’inquadratura deve essere il più possibile perfetto a monte. Se scorgo una foglia sul pavimento non ragiono dicendo che la toglierò al computer in un secondo momento, ma fermo il set e provvedo a rimuoverla. Il computer deve essere un ausilio a ciò che fisicamente è difficile o impossibile fare”.

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– Pensa che i Workshop siano utili per la crescita professionale di un buon fotografo? Si sentirebbe di dirigerne uno tutto suo?

“Il workshop ha certamente una sua utilità, vedere un professionista all’opera è una esperienza illuminante per chiunque, dall’amatore al professionista affermato. Penso che ci sia sempre da imparare, anche per chi ha già una ottima padronanza della fotocamera. Non ho mai insegnato in passato, ma sono conscio del fatto che saper fare le foto non è sinonimo di saper insegnare a fare le foto; sarebbe una ingenuità pensarlo. Poter insegnare un genere fotografico ad un pubblico di apprendisti è una esperienza estremamente avvincente ed emozionante, quando si fotografa si danno per scontate ed assodate tante regole basilari che un buon insegnante deve avere la capacità di enucleare e comunicare con un linguaggio semplice e diretto. Saper insegnare fotografia è una ottima palestra non solo per chi segue, ma anche per l’insegnante stesso. L’idea di dirigere un workshop mi è già passata più volte per la mente e penso che sarà una emozione che in futuro non mi lascerò sfuggire! Per chi volesse approfondire o visionare ulteriori miei lavori consiglio la mia pagina ufficiale http://www.marco-baraldi.com “.

 

 

 

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