Intervista a Daniele Salamone – Fotografo, Videomaker e Make-up artist

Non si può creare arte che parli all’uomo se non si ha niente da dire. Daniele Salamone, figlio d’arte, ha davvero molto da dire a tal proposito…

Daniele Salomone

– Benvenuto su Fotografia & Bellezza. Chi è Daniele Salamone e come nasce la sua passione fotografica?

“Grazie del benvenuto e onorato di questa intervista! Sono figlio d’arte, padre liutaio da generazioni, e tutti gli altri miei fratelli discreti musicisti e disegnatori. A quasi 28 anni, ultimo di 6 figli, col tempo ho assimilato tutte le doti artistiche della famiglia, diventando inevitabilmente un musicista e col tempo uno scrittore, graphic e web designer, videomaker, ritrattista del foto-realismo e più avanti un make-up artist. La mia passione per la fotografia nasce grazie all’ingresso in una camera oscura che mi ha permesso di “vedere”, nonostante il buio, un mondo parallelo e fantastico pieno di luce. Oggi sono un fotografo con oltre 10 anni di esperienza e nonostante non sia ancora un lavoro a tempo pieno non mi definisco ne un dilettante ne un fotoamatore”.

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– Qual è la particolarità della fotografia in B/N e da cosa prende vita questa sua voglia di rappresentare e rappresentarsi usando questo binomio di colori?

“Prediligo il B/N perché attraverso di esso la fotografia ha avuto le sue origini. Il mio amore per questo “binomio” prende vita dal semplice fatto che molte fotografie che scattavo anni addietro non mi davano alcuna sensazione in particolare osservandole a colori, mentre in B/N mi donavano quel qualcosa in più che non riuscirei a descrivere a parole, ma che il mio cuore capisce e percepisce perfettamente. Sono convinto che molte fotografie in monocromatiche riescono ad esprimere più sensazioni, far percepire più colori e far notare più dettagli che una fotografia quadri-cromatica non sarebbe in grado di fare. Il B/N non ha vie di mezzo, o è bianco o è nero… nessuna scala di grigi, nonostante le sfumature siano presenti. Il colore grigio per me è più negativo del nero perché “le giornate grigie” sono quelle poco raccomandabili. Il colore grigio per me è un colore che non dev’essere nominato all’infuori del “bianco scuro” e del “nero chiaro”. Tengo a precisare però che nel mio vasto portfolio di immagini non mancano le foto a colori, ci mancherebbe…!”.

– Scuole / corsi di fotografia o percorso da autodidatta? Si può creare ed elaborare l’arte fotografica semplicemente basandosi sulle proprie sensazioni ed intuizioni?

“Conosco diversi fotografi autodidatti che realizzano lavori sbalorditivi, più dei cosiddetti “professionisti”. Ho frequentato la scuola d’arte a indirizzo di grafica e fotografia. Fu proprio grazie a questa scuola che feci quel famoso primo ingresso in una camera oscura. La scuola può insegnarti tanto, ma non tutto. La scuola ti insegna cosa è un diaframma, cosa è un otturatore, un obiettivo o un sensore. Ti spiega la regola dei terzi e com’è fatta una pellicola, quali sono i processi chimici di sviluppo in camera oscura e i processi tecnici di sviluppo attraverso Camera Raw e/o Lightroom. La vera scuola non sono i docenti o i libri, ma è la vita, l’esperienza acquisita nel tempo. La scuola non può insegnare “arte” allo stato puro se non le nozioni basilari per applicarla secondo le proprie esperienze: per questo ogni artista ha il proprio “stile”. Le scuole, le accademie, i master e i dottorati sono come una madre che cresce il proprio figlio e che, una volta raggiunta l’età giusta dovrà cavarsela da solo. Certamente, l’arte fotografica si può elaborare attraverso le proprie sensazioni e intuizioni, termini che tradurrei con “sensibilità” e “percezione” artistico/creativa. È ovvio però che allo stesso modo in cui l’abito non fa il monaco, così anche una laurea appesa non fa l’artista. Puoi frequentare tutte le scuole più prestigiose del mondo, ma se non hai la “divina vocazione” artistica, artista non lo sarai mai. Puoi possedere l’attrezzatura più costosa che vuoi, ma devi convincerti che artisti si nasce. Per sino il grande Van Gogh, che iniziò a disegnare e dipingere ad età adulta (dopo oltre i 30 anni), è diventato un’icona della storia dell’arte applicata”.

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– Immagini di trovarsi catapultato 30 anni addietro. Quali sarebbero state, a suo parere, le difficoltà più grandi da affrontare per la buona riuscita del suo lavoro fotografico?

“Da qualche settimana ho iniziato un progetto interessante che ho intitolato “dipingere con la luce”, avvalendomi semplicemente di una camera oscura e di una torcia elettrica. Come già detto, ho intrapreso la mia carriera di fotografo in camera oscura, quindi non avrei grosse difficoltà nel ritrovarmi catapultato negli anni ’80 e cercare di ottenere risultati “simili” ma mai uguali ad oggi. Il buon 60% di una fotografia sta nello scatto realizzato, il 30% sta nella post-produzione e il 10% sta negli strumenti di cui si dispone (un buon PC, tavoletta grafica, software professionali… e competenza nel saperli usare ed applicare). La fotografia di 30 anni fa era genuina, lì si che i fotografi erano dei veri maestri. Oggi, l’era del digitale ha semplificato notevolmente i tempi e i processi di sviluppo di una fotografia, ma ha diminuito drasticamente la sensibilità artistica, da un punto di vista più trascendente che creativo. Ci metterei la mano sul fuoco che se affiancassimo 10 fotografi dei giorni presenti e gli imponessimo di svolgere il loro lavoro tramite la fotografia analogica (rullino), forse, uno soltanto sarebbe in grado di non bruciare almeno la metà di un rullino da 36 fotogrammi, tutti gli altri potrebbero buttare direttamente la macchina fotografica perché non saprebbero come comportarsi, o nel peggiore dei casi, chiuderebbero il proprio negozio. Personalmente, le difficoltà non mi mancherebbero di certo, ma sono un tipo che non si arrende facilmente e che cerca di trovare una soluzione. Sta pure scritto da qualche parte “tutto è possibile a chi crede”. Quando non esisteva Photoshop, la post-produzione veniva applicata? Certo, eccome se veniva applicata, ma attraverso 3 bacinelle ripiene di prodotti chimici, ingranditori, filtri, pinzette e altro ancora…”.

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 – Cosa la spinge a realizzare sempre nuove foto? Da dove trae la sua maggiore fonte d’ispirazione?

“Realizzare sempre nuove foto non è un passatempo, è una necessità quasi vitale. “Impara l’arte e mettila da parte” è il proverbio più insensato che esiste. Non importa “cosa”, quando” e “dove” mangiare, l’importante è nutrirsi in maniera sana per vivere bene. Allo stesso modo, non è importante il “cosa”, il “quando” o il ”dove” fotografare, l’importante è fotografare (cose guardabili)! Superato questo ostacolo si decide e ci si perfeziona in uno o più generi fotografici da intraprendere. Dai miei scatti si può notare che prediligo la fotografia ritrattistica (ereditata dal disegno foto-realistico) e la fotografia di moda. La mia ispirazione sono l’autostima e le persone che credono in me e mi incoraggiano, successivamente si aggiungono nuovi stimoli e sfide per continuare a non smettere di fotografare. Le mie ispirazioni non vengono tratte solo dai testi che ho letto, o i luoghi che ho visitato, o i cibi che ho tastato, dalle fotografie che ho osservato e studiato o le persone che ho conosciuto… la mia maggiore ed intrinseca ispirazione proviene dal mio intimo più stretto, dall’affetto incommensurabile che ricevo guardando solo gli occhi delle due persone che più amo al mondo, la mia compagna di vita (e anche di lavoro) e il nostro bambino”.

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– Chissà cosa ci riserva il futuro. A lei cosa piacerebbe vedere nel suo?

“La vita è fatta di priorità:

  1. Dio

  2. Famiglia

  3. Salute

  4. Lavoro

Nel mio futuro vorrei vedere questi 4 elementi in armonia tra loro… il resto sono dettagli.E perché no, fotografare per le maggiori riviste di moda come Vogue e Vanity Fair non mi dispiacerebbe affatto! Chi volesse visionare ulteriori miei lavori può farlo su http://www.dsphotomakeup.altervista.org/index.html“. 

 

 

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